Un diritto d’asilo alla deriva

Un diritto d’asilo alla deriva

Mille mondi al lavoro
Noemi  Cucinotta

Noemi Cucinotta

22 aprile 2024

Un diritto d'asilo alla deriva

di/Noemi Cucinotta

Giovedì 15 febbraio presso la Fondazione Serughetti La Porta è stato presentato IL DIRITTO D’ASILO - REPORT 2023 Liberi di scegliere se migrare o restare? da parte dell’antropologa Maria Cristina Molfetta, curatrice del documento per Fondazione Migrantes, insieme a Rossana Aceti (Sol.Co Città Aperta e Rete Europasilo) e Don Sergio Gamberoni (Fileo).

Con l’edizione del 2023 la Fondazione Migrantes è arrivata alla settima edizione del rapporto dedicato al mondo dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Un lavoro scritto da un’equipe di autrici ed autori che si lasciano “toccare e interrogare” dalle sofferenze e dalle contraddizioni che le persone in fuga nel mondo raccontano o portano scritte nei loro volti e nei loro corpi.
Qui Sintesi-DD2023.pdf (migrantes.it) è possibile scaricare una sintesi del rapporto.

Fondazione Migrantes ha realizzato anche un progetto rivolto
direttamente alle fasce più giovani dando vita alla graphic novel edita da Tau:
In Fuga. Le persone che scappano non sono tutte uguali In fuga - Tau Editrice .

Partendo dai numeri


Nel 2023 si sono registrati 114 milioni di richiedenti asilo, 350 mila in Italia. I continenti che più ne ospitano sono Africa, Asia e America Latina. I conflitti attualmente in essere 56 e anche per questo motivo i migranti e i richiedenti sono in aumento, oltre al fatto che si investe sempre meno in diplomazia e in pacificazione.

Persecuzioni, disuguaglianze, fame, sete, crisi climatica, tratta, grave sfruttamento: sono questi i principali motivi che spingono a migrare.

Ciò che in primis dovrebbe farci preoccupare, sottolinea l’antropologa, è il fatto che il nostro Paese non sia attrattivo neanche per le persone che scappano da contesti di estrema povertà o da guerre. Il che vuol dire che non è un Paese che offra delle opportunità né a chi ci vive, né a chi è in fuga.

È bene riflettere anche sul fatto che all’interno del discorso pubblico, sia in Europa che in Italia, i richiedenti asilo e i rifugiati sono “spariti”, perché si parla solo di ingressi irregolari.
Ciò detto, ci si chiede quindi quali possano essere i canali legali di ingresso per le persone che scappano dalle guerre. Allora occorre citare tre convenzioni: la Convenzione di Ginevra, la Convenzione dei diritti umani e la Convenzione del fanciullo. E i due principali strumenti che abbiamo a disposizione, ovvero il reinsediamento e la cooperazione allo sviluppo.

Il reinsediamento: esiste da quando esiste la Convenzione di Ginevra, quindi dagli anni Cinquanta.
I 114 milioni che stanno nei nostri campi profughi, nelle zone più vicine ai conflitti – ci racconta Molfetta –, vengono mappati dalle Nazioni Unite. Viene sostanzialmente stilata una lista tutti gli anni delle persone che non sopravviveranno. Questa lista viene mandata a tutti i Paesi che hanno possibilità di accogliere e ognuno di questi può esprimere quanti è in grado di riceverne. L’Italia non ne fa arrivare quasi mai nessuno. Dati del 2023, per capire l’ordine di grandezza (e fallimento): la stima era di circa 2 milioni di persone tra gennaio e luglio del 2023 e ne hanno beneficiato solo 43.652 in tutto il mondo. Nel 2022, a fronte di un bisogno che era di 1 milione e 400 mila persone, sono state accolte 114.000 richieste.
L’altra strada che Molfetta ci riassume è quella percorsa dalla cooperazione allo sviluppo, costituitasi con l’intenzione originaria di alleviare le conseguenze delle politiche economiche portate avanti da Paesi come il nostro.
L’Italia è arrivata a percentuali irrisorie di aiuto pubblico allo sviluppo (APS), senza contare che parte di ciò è destinato alla Guardia costiera libica o ai fondi che diamo al governo tunisino, ma anche alle milizie dei Janjaweed.

Molfetta rimarca come negli ultimi 10 anni la costante sia stata fare degli accordi per bloccare l’immigrazione in Unione Europea. Dal 2015, quando c’è stata la guerra in Siria, e l’UE ha visto entrare 1 milione e mezzo di Siriani (rispetto a un continente che ha 500 milioni di persone) utilizzando ogni strumento politico ed economico per tenerli fuori, primo tra tutti l’accordo con la Turchia. Una politica di esternalizzazione che continua, basti pensare al recentissimo accordo tra Italia e Albania.

Il caso emblematico dell’accoglienza dei rifugiati ucraini


Nell’accoglienza dei rifugiati ucraini abbiamo utilizzato uno standard molto diverso e questo perché scappavano da una guerra che ci è stata raccontata e che quindi conosciamo di più e meglio.
Secondo i dati raccolti dalla Fondazione, a distanza di un anno il 43% delle persone ucraine hanno un lavoro e il 35% ha già una casa autonoma.
Il richiedente asilo o rifugiato non ucraino con le politiche attuali impiega tra i 6 e gli 8 anni a diventare autonomo. E tutte le norme, tutti gli studi sociali che abbiamo portato avanti, ci dicono che i tempi si accorciano quando si fanno due cose: quando si assicura un permesso di soggiorno e quando si mettono a disposizione strumenti come corsi di italiano e il riconoscimento delle competenze professionali). Purtroppo, le politiche stanno andando nella direzione opposta.

Rispetto ai minori stranieri non accompagnati


Sollecitata sul tema minori, Molfetta ci ha riportato che in Italia al momento sono presenti 22.000 minori stranieri non accompagnati, che secondo tutte le convenzioni dovrebbero essere irrespingibili. Noi abbiamo nel sistema più tutelante 6000 posti per minori e invece di aumentarli abbiamo cambiato le norme: ora possono stare anche nei centri di accoglienza straordinaria con adulti; dove prima ce ne stavano a 100, ora possono in 200 in deroga a quelle che sono tutte le norme di sicurezza e che valgono per tutti gli altri. Invece di 30 giorni, possono rimanerne 45. «Siamo in affanno perché l’affanno lo abbiamo creato», afferma l’antropologa.

Il nuovo Patto su migrazioni e asilo e l’Unione Europea al voto


Tra le domande poste dal pubblico a Molfetta, una in particolare si lega alle più recenti notizie che riguardano il Patto su migrazioni e asilo: cosa chiedere a chi si candida per le elezioni europee? A quali proposte fare più attenzione?

«Chiederei quali sono le politiche di smantellare gli accordi di esternalizzazione. Quello che abbiamo fatto con la Turchia, con la Libia e la Tunisia. Chiederei di smetterla di chiamare “aiuti alla cooperazione” quella che è la nostra politica estera e di investire in reale cooperazione. Quindi creare le condizioni di sviluppo e di processi di sviluppo all’interno degli altri Paesi. Chiederei che almeno alle frontiere europee e dentro l’Europa si tratti con umanità e che cessino tutte le barbarità che succedono in realtà lungo la rotta balcanica, per esempio, dove le persone di vengono picchiate, vengono respinte. Anche perché sulla rotta balcanica circolano più che altro Siriani e Afghani, che una volta arrivati hanno per il 90% possibilità di essere riconosciuti come rifugiati. Parlare di casi come quello del Silos di Trieste.
Chiederei più attenzione verso i minori, che dovremmo tutti proteggere. Minori che in realtà, reputati maggiorenni, vengono rimbalzati tra l’Italia e la Francia, la Grecia, la Spagna, l’Inghilterra. Dovremmo veramente chiedere alle persone qual è la loro idea, ma non solo rispetto agli eventi che coinvolgono il diritto d’asilo, perché in realtà quello che facciamo fa emergere chiaramente che non abbiamo un’idea di società e non abbiamo un’idea di futuro. Se questo continente, questo Paese vuole avere un’idea di società, deve tener presente che la società la si costruisce non facendo delle carceri, non alzando dei muri, ma costruendo relazioni e ponti tra le persone».

A distanza di qualche settimana continuiamo a interrogarci sui dati raccolti e analizzati nel report. Come dicevamo, nel 2015 l’Europa sembrava sull’orlo del collasso interno e negli ultimi 9 anni si è provato a ridiscutere molto delle modalità di ingresso delle persone e delle regole comuni per l’accoglienza delle persone in Unione europea.
Pochi giorni fa, il 10 aprile 2024 è stato infine approvato un nuovo regolamento sulle migrazioni, proponendo una serie di modifiche molto importanti che probabilmente verranno approvate dagli Stati membri.
L’obiettivo di queste misure è rafforzare la gestione delle frontiere e dei processi di asilo all’interno dei 27 Stati membri. Questa modifica è stata accolta come una vittoria soprattutto dai partiti di centrodestra, dato che l’intento è accelerare le procedure di asilo alle frontiere dell’Unione Europea e stabilire nuovi rigorosi sistemi di screening per rimpatriare coloro che non soddisfano i requisiti per la protezione internazionale nei loro paesi di origine.
Una dimostrazione, anche secondo attori come Amnesty International, di incapacità di leadership globale, non affrontando alla radice il problema neppure questa volta. Diventerà sempre più difficile riuscire ad arrivare in Europa per vie legali in un momento storico in cui il crescere dei flussi migratori è inevitabile, anche per via della crisi climatica.

Come dichiarato (Migrantes: patto europeo sui migranti richiedenti asilo e rifugiati, il fallimento della solidarietà europea – Fondazione Migrantes) da Mons. Gian Carlo Perego Arcivescovo, Presidente della Cemi e della Fondazione Migrantes della CEI: «Il Patto europeo sui migranti richiedenti asilo e rifugiati segna così una deriva nella politica europea dell’asilo e il fallimento della solidarietà europea, che sembra infrangersi come le onde contro i barconi della speranza».

In appendice una riflessione di don Sergio Gamberoni, direttore dell'Ufficio per la Pastorale dei Migranti della Diocesi di Bergamo.

IL DIRITTO D'ASILO E LA PASTORALE DEI MIGRANTI A BERGAMO


La Chiesa si interessa del "diritto d'asilo" anzitutto perché è un tema molto attuale e politicizzato ma anche percepito in modo distorto.
Da tanti anni la Chiesa nazionale ci aiuta, anche con la pubblicazione di questo rapporto, ad avere una lettura più aderente alla realtà internazionale, nazionale e locale, fornendo dati, criteri e chiavi di lettura per valutare le politiche della gestione del fenomeno migratorio ed in particolare dell'accoglienza dei richiedenti asilo nella nostra società.
Anche mons. Beschi, il nostro Vescovo, in occasione del Natale ha sollecitato con una lettera tutte le comunità cristiane a mantenersi aperti all'accoglienza. Dal 2014 c'è stato un grande impegno di accoglienza nei CAS, modello limitato e parziale da cui ci vuole gradualmente sganciare. Il desiderio è quello di favorire un'accoglienza più sostenibile sia per chi è accolto che per le comunità che accolgono, basato sui piccoli numeri e sui principi dell'accoglienza diffusa. L'invito del Vescovo è alla consapevolezza verso un fenomeno non emergenziale bensì strutturale, che riguarda l'Italia in misura limitata e al contempo esige una risposta profetica al cui centro ci sia il rispetto dei diritti umani, l'integrazione, la responsabilità condivisa tra istituzioni e persone.
La speranza è che noi, insieme ai tanti altri soggetti attivi, sensibili e competenti del territorio possiamo mantenere desta la sensibilità su queste tematiche e creare spazi di relazione e accompagnamento adeguati.
Fileo, progetto diocesano di approfondimento della mobilità umana e dell'intercultura, intercetta questo tema in particolare durante la settimana tematica "Integrazione e politiche di inclusione".
Come Fileo e come Ufficio Pastorale Migranti abbiamo il mandato di declinare il Vangelo nella realtà che ci interroga e ci vede ingaggiati -anche come cristiani- in modo propositivo ad agire nella complessità di questo fenomeno.

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