Pillole di abusi ignorati, migrazione e accoglienza

Pillole di abusi ignorati, migrazione e accoglienza

Speciali & extra
Giorgia Morbi

Giorgia Morbi

22 aprile 2024

Pillole di abusi ignorati, migrazione e accoglienza

Di / Giorgia Morbi

Su quali realtà dei processi migratori è importante aprire gli occhi? Dopo un percorso di formazione seguito con il suo gruppo scout, Giorgia ci parla di rotta balcanica, di Cpr in Italia e, soprattutto, c’invita a parlane a nostra volta.

La nostra visione periferica pare più limitata di quanto pensassi, vaghiamo con le mani sul volto coprendoci occhi e orecchie credendo di poter parlare. Libertà di dire la mia, di denunciare, di lottare per ciò in cui credo. Ma in cosa credo effettivamente, se non sono sicura di quello che so o di quel che mi è dato sapere? Dove sta il confine tra quello che ignoro e quello che mi viene volutamente nascosto?

Sono queste le riflessioni che porto con me da qualche mese e vorrei proporre anche a voi.

Durante quest’anno il mio gruppo scout si è avvicinato alle dinamiche che interessano i processi migratori, dal viaggio all’integrazione nel Paese di approdo. Abbiamo seguito diversi incontri e conferenze, letto articoli, incontrato testimoni. Incredibile l’entità di quello che siamo venuti a conoscere e che per anni nemmeno ci aveva sfiorato il pensiero.

Quanti dei miei compagni di classe sanno queste cose?
E della mia famiglia?
Non se ne parla abbastanza o siamo noi a non saper ricevere le giuste notizie?

All’inizio me la sono presa con la scuola, 30 ore di lezione a settimana per anni e anni, integrali, declinazioni, teoremi, e mai una singola menzione all’argomento. “Fuffa” ho pensato.
Perché ciò che merita attenzione passa sempre in ultima linea?
Poi mi sono resa conto che il problema non sta solo nella scuola, l’errore sta in tutti noi quando scegliamo di sorvolare su certi argomenti. Aspettiamo comodamente che le notizie compaiano nella home page del nostro telefono o sulla prima pagina dei giornali e ci puliamo la coscienza leggendo quelle poche linee di news.


Crediamo davvero che tutto quel che c’è da conoscere ci venga sventolato sotto il naso?

Scusate, non sono qui per lanciare accuse, ma per cercare di ragionare su un aspetto importante, quindi passo ai fatti. Vi propongo un film e un fatto di cronaca dei tanti che mi hanno completamente destabilizzata, e mi portano ora a scrivere questo articolo.

Green Border” di Agnieszka Holland

Una storia di migrazione tra la Siria e l’Europa.
Quella che viene ripresa è una dinamica che interessa la Bielorussia e la Polonia, una frontiera di boschi che nascondono un’azione di palla prigioniera, dove sono messi in gioco corpi e vite.

Bianco e nero, impossibile dare colore a quelle immagini: umani privati di ogni umanità in un limbo di torture dove rimane solamente l’obbedienza all’ignoto e dove i diritti vengono seppelliti. Questa è una realtà ancora presente e purtroppo poco trattata: i migranti attirati dai visti turistici concessi da Minsk per attraversare le frontiere europee vengono bloccati sul confine delle due nazioni e rimbalzati da un fronte all’altro. Razzismo, violenza, morte. Uomini, donne e bambini che diventano armi di Lukashenko al fine di far pressione sull’Unione europea in risposta alle sanzioni che Bruxelles aveva imposto al regime Bielorusso.

Finito il film, le luci si riaccendono, passi silenziosi verso l’uscita. Brevi saluti e sguardi assorti, macchine, casa.

Cosa è rimasto? Vuoto, rabbia, tristezza, voglia di ribellarsi schiacciata da un senso di impotenza.

Aspettate però, e noi? Siamo così diversi? Cosa succede in Italia?

Un’altra realtà nella quale ci siamo imbattuti è stata quella dei Cpr, Centri di permanenza per i rimpatri. Queste strutture, definite come luoghi in cui il cittadino straniero è trattenuto in attesa di esecuzione dei provvedimenti di espulsione, vengono affidate alla gestione di privati che attraverso la detenzione violano i diritti umani più basilari. Un sistema fallimentare sia dal punto di vista umanitario, che nel suo stesso fine: i rimpatri sempre più ridotti e dispendiosi.

Ci sono 10 Cpr in Italia. Milano, quello più vicino a noi.

E fino a qualche mese fa nemmeno ne ero a conoscenza.
Imbarazzo. Quante dinamiche del mio territorio non conosco?

La ricerca sull’argomento mi ha permesso di evidenziare un avvenimento recente, una questione toccante e credo efficace nel dimostrare come l’assistenza e la garanzia della dignità delle persone nei Centri passino spesso in secondo piano.

Ousmane Sylla, 22 anni, Guineano, Cpr di Ponte Galeria.

Arrivato in Italia sei anni fa Ousmane è stato ospitato in una comunità per minori e poi in una casa famiglia. Lo scorso ottobre è stato rinchiuso nel Cpr di Milo a Trapani, per poi essere trasferito il 27 gennaio 2024 in quello di Ponte Galeria.

“I militari italiani non capiscono nulla a parte il denaro. L’Africa mi manca molto e anche mia madre, non deve piangere per me. Pace alla mia anima, che io possa riposare in pace”.

Ecco alcune delle parole che Ousmane ha scritto sul muro di quella prigione, poche ore prima di togliersi la vita. I compagni l’hanno trovato con un lenzuolo al collo, hanno tentato di chiamare i soccorsi, privati di telefoni hanno cercato aiuto nello sguardo delle telecamere, ma niente, anch’esse di dimostravano complici silenti.

Ousmane è morto cercando quella libertà che gli era stata sottratta, portando nel cuore casa sua e sua madre, ciò che fino all’ultimo l’ha scaldato dal gelo di quelle mura.

In seguito alla disgrazia il carcere è stato pervaso dalle proteste dei rinchiusi, 90 persone che denunciando un’infamia hanno guadagnato solo punizioni e 14 arresti.

Non è il primo Cpr che desta l’attenzione dell’opinione pubblica nelle sue non rare tragicità, ma nessuna conseguenza in vista, al contrario continua il finanziamento dal governo aumentato nel 2023.
Ancora oggi l’accesso nei Cpr è vietato ai giornalisti…

Sono solo due gli spunti in cui mi sono imbattuta e che ho scelto di riportavi, nella speranza che siano comunque uno stimolo a non smettere di aprire gli occhi su tante altre realtà che ci circondano.
Realtà che forse vi faranno arrabbiare, rabbrividire.

Alla presa di coscienza di queste realtà si accompagna spesso un senso di frustrazione, di impotenza, quasi di complicità e connivenza. Che senso ha star male se poi la sensazione è spesso quella di non poter fare nulla di concreto…

Una cosa, però, sento che sia in mio e anche vostro potere: parlare, scrivere, diffondere. L’informazione che può trasformarsi in azione, da voce singola può farsi collettiva e premere come un’onda alta.


Vi chiedo quindi un favore: guardate quel film, leggete quell’articolo, andate a quell’incontro.

E poi?
Parlatene agli amici, alle famiglie, discutetene a scuola, al bar.
Fate in modo che nessuna voce venga zittita;
nessuna parola è vana.

Io comincio così.

Articoli recenti