IFTARIAMO

IFTARIAMO

Mille mondi a tavola
Anna Marinoni

Anna Marinoni

14 aprile 2023

IFTARIAMO!

Racconto per immagini dell’Iftar condiviso al Lazzaretto di Bergamo

di / Anna Marinoni

foto di / Clara Mammana

Venerdì 14 aprile, presso il Lazzaretto di Bergamo, si è tenuto quello che ormai da qualche anno è un appuntamento atteso in numerose città italiane: l’Iftar condiviso, una serata in cui la comunità musulmana invita la cittadinanza a condividere, al tramontare del sole, la rottura del digiuno della giornata nel mese di Ramadan. La promozione e organizzazione dell’iniziativa è stata coordinata da Muslim Young Bergamo Generation e Associazione Musulmani di Bergamo, in collaborazione con il Comune di Bergamo, Cooperativa Impresa Sociale Ruah, Centro studi e formazione Fileo e ACLI Bergamo aps. In occasione di BergamoBrescia Capitale della Cultura 2023, l’evento di quest’anno rientra nelle proposte del progetto Contaminazioni Culturali, di cui anche la rivista Babel fa parte. La redazione non poteva quindi mancare!

Al nostro arrivo, sotto il cielo terso di una primavera ancora timida di calore, si respira aria di attesa. I tavoli, pronti a ospitare le quasi trecento persone che raggiungeranno il Lazzaretto per la cena condivisa, sono ancora vuoti. Fra gli organizzatori ci sono moltissime e moltissimi giovani, che si muovono veloci fra i banchetti, salutando chi inizia ad arrivare e presentando le attività che sono previste in attesa del tramonto.

I vari stand predisposti vogliono offrire qualche spunto, qualche punto di incontro con la cultura e la religione islamica. In quello dedicato alla calligrafia araba, chi vuole può ricevere un foglio su cui con un elegante pennino di legno viene tracciato il suo nome e la traduzione di questo nell’alfabeto arabo. In un altro banchetto, c’è chi fa tatuaggi con l’henné, cercando di soddisfare tutte le richieste delle persone che, pian piano, iniziano ad affollarsi.

Si forma presto un nutrito gruppo, soprattutto ragazze, intorno allo stand dedicato all’hijab, il “velo”, spesso al centro di critiche e dibattiti, accusato di essere il simbolo della condizione di sottomissione femminile all’autorità e potere maschile nel mondo musulmano. Ed è proprio questa convinzione che vogliono smontare con forza le ragazze che presiedono questo banchetto: portare il velo è una scelta, ha il proprio senso e valore nell’essere una scelta, non un’imposizione; portare il velo è una scelta femminista, in difesa della libertà. È forte l’invito a distinguere la dimensione religiosa da quella culturale e soprattutto politica: se in alcuni paesi musulmani vi sono evidenti problematiche relative alla libertà e ai diritti delle donne, questo non deve significare che sia questa la posizione dei quasi due miliardi di musulmani nel mondo. Emergono dalle parole l’energia e la voglia di portare una prospettiva diversa e cercare il dialogo, ma anche la fatica di convivere ogni giorno con lo sguardo giudicante e sospettoso di tante persone. O con le osservazioni forse ingenue, ma comunque taglienti, di quelle signore che, raccontano, capita dicano: «come saresti bella senza quel velo che ti copre i capelli».

Si avvicinano le 20.05, l’orario del tramonto oggi a Bergamo. Siamo tutti invitati a prendere posto nei numerosi tavoli: tanti si siedono vicino alle persone che conoscono, altri vicino a volti sconosciuti. Come ribadisce più volte uno degli organizzatori al microfono, questo vuole essere il senso della serata: ri-conoscersi. Conoscersi di nuovo, o conoscersi per la prima volta, riconoscendo un desiderio comune di incontro e dialogo per «imparare qualcosa di nuovo, creare una conoscenza comune con cui raggiungere un’armonia con coloro con cui conviviamo ogni giorno». Una delle prime cose che si possono imparare è che il mese di Ramandan è il nono nel calendario musulmano, basato sull’osservazione dei cicli lunari: per questo motivo, ogni anno cade in un periodo diverso. Notiamo che accanto ad ogni piatto è pronto un pacchettino, accompagnato da alcune citazioni dal Corano, con racchiusi tre datteri: frutti ricchi di nutrienti, sono tipicamente mangiati alla rottura del digiuno. Al calare del sole, è la chiamata alla preghiera (adhan) a invitare finalmente all’iftar.

A guidare la preghiera è Mohammed, che durante l’accompagnamento verso la rottura del digiuno aveva già recitato alcuni versetti del corano, nel silenzio delle persone raccolte in ascolto. In un angolo del prato del Lazzaretto sono disposte diverse file di tappeti, che presto accolgono i fedeli per la preghiera. Le parole pronunciate a mezza voce sulle labbra, i gesti del corpo, rituali e ripetuti, mostrano come il dialogo intimo e spirituale di ognuno si fonda con una devozione collettiva. I tappeti sono rivolti verso la Mecca, mentre io guardo la rocca di Città Alta, dove nel buio che cala si vede ancora la bandiera italiana che sventola sul pennone. Nelle orecchie, il richiamo cantilenato alla preghiera sentito poco prima: penso che oltre ai rintocchi delle campane le nostre città debbano senza timore riempirsi di altri suoni.

Finalmente, inizia la cena condivisa, che si apre con la shorba, una zuppa a base di lenticchie tipica dell’Algeria, a cui segue la mnsemmen, una crêpe sfogliata molto diffusa nella cucina marocchina. Portata centrale è il cous cous, di carne o verdure, servito in ampi piatti di ceramica colorata. Come più volte ribadito lungo la serata, il cibo e la sua condivisione rappresentano un’occasione semplice ma ricca di incontro e scambio. Un aspetto che anche noi di Babel abbiamo più volte cercato di raccontare nelle rubriche dedicate ai “Mondi a tavola”. L’invito a trovare connessioni e occasioni per rispecchiarsi fra culture diverse arriva anche dalle parole di Jamal, uno degli organizzatori: «quando pensiamo alla moschea pensiamo all’oratorio». Un invito chiaro a vedere nei centri culturali islamici qualcosa di non così distante o diverso dai luoghi comunitari del mondo cattolico. Semplicemente, degli spazi dove bambini e ragazzi si incontrano, studiano, giocano, in cerca di un modo di stare nel mondo.

Scomparsi i raggi del sole, l’aria di primavera è presto molto simile al freddo delle notti invernali. È così accolto con particolare gioia l’arrivo del thè caldo alla menta e dei dolci (baklava e shabbakiya), che chiudono con la giusta dose di energia la serata. Con ancora qualche traccia di miele sulla punta delle dita, lasciamo il Lazzaretto accompagnati dalla musica che si fa sempre più lontana. Immaginando una città che sappia vedere in momenti come questo uno stimolo reale di incontro quotidiano, speriamo che l’Iftar condiviso diventi presto una tradizione a cui i bergamaschi non potranno più rinunciare.

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