Community matching: creare relazioni

Community matching: creare relazioni

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Sofia Allieri

Sofia Allieri

06 dicembre 2025

Community matching: creare relazioni

L'articolo comprende la spiegazione del progetto Community matching, e l’intervista a due partecipanti. Essendo entrambe le protagoniste di genere femminile, l’articolo sarà quindi interamente scritto in femminile sovraesteso.

Bergamo è tra le città italiane aderenti al progetto Community Matching, nato per mettere in contatto persone rifugiate e cittadine dei luoghi di arrivo, in modo che la persona migrante che lo desidera sia facilitata nel partecipare alla vita della comunità in cui abita, e non si limiti a guardarla solo dall’esterno. Cito testualmente dal “toolkit community matching”: “Le esperienze promosse in Italia e in Europa ci parlano necessariamente di uno scenario eterogeneo (...) ma sono grossomodo unanimi nel riconoscere il ruolo cruciale delle relazioni personali e sociali, che fanno di un individuo un membro di una comunità. In altri termini, l’integrazione si fa nella comunità e con la comunità o, semplicemente, non si fa.”

Tra le partecipanti ci sono Giorgia, studentessa di lingue di Albino, e Rekik, di origine etiope e ora a Bergamo da un anno per studiare gestione dei processi industriali.

Come hanno conosciuto il progetto Community Matching?

Entrambe hanno scoperto l’iniziativa tramite il passaparola, in particolare Giorgia svolgendo un tirocinio presso la cooperativa Ruah, mentre Rekik tramite un’amica che conosce una referente del progetto.

Perchè hanno deciso di aderire al progetto?

Mi hanno raccontato di essere state motivate dal desiderio di conoscere nuove culture e di creare nuovi legami. Per Rekik, inoltre, il progetto ha rappresentato un’occasione preziosa per esercitarsi con la lingua italiana. Aggiungo che per me, l’occasione di intervistare Rekik, che parla inglese in modo fluente, ha avuto il vantaggio di svolgere una lezione di lingua gratuitamente.

Cosa hanno fatto per “rompere il ghiaccio” quando si sono conosciute?

L’amicizia è nata con semplicità: passeggiate, eventi e momenti condivisi con amici e famiglia. Non per tutte le coppie di Buddy l’inizio è semplice come è stato per loro: siamo esseri umani, ed è quindi naturale prendersi il tempo necessario per conoscersi. A favorire un avvio positivo intervengono due elementi fondamentali: le referenti o caseworker del progetto e il gruppo delle coppie Buddy.

L’équipe di caseworker conduce colloqui individuali preliminari con tutte le volontarie e i volontari, di origine italiana o straniera, prima di proporre un abbinamento. L’obiettivo è formare coppie accomunate da interessi, hobby o motivazioni simili. La creazione del match prevede la firma di un patto di avvio, che definisce la durata minima del progetto (sei mesi) e gli obiettivi o le regole condivise dalla coppia. Alcuni di questi obiettivi rientrano anche in quelli più a lungo termine stabiliti nel “PIIT” della persona rifugiata, il piano individualizzato di integrazione territoriale, ad esempio: il consolidamento delle proprie risorse personali.

I colloqui con l’équipe si svolgono non solo nella fase iniziale, ma anche durante il percorso, per monitorare e sostenere l’esperienza.

Un altro importante fattore che favorisce la buona riuscita del progetto è il gruppo stesso. Tra le diverse coppie di Buddy si crea, infatti, una rete di relazioni che diventa uno spazio di scambio, sostegno e condivisione. Anche all’interno di questa rete si mantiene un clima di informalità, spesso ci si cerca semplicemente per proporre un film appena uscito al cinema, oppure per incontrarsi in una giornata in piscina. Come in tutti i gruppi però, oltre alla compagnia e al supporto pratico si può contare al bisogno sui consigli di qualcuna che sta vivendo un’esperienza simile alla propria.

Quanto è l’impegno richiesto da questo progetto?

In questo progetto non esistono regole rigide, e lo stesso vale per il tempo da dedicarsi, poiché ciascuna delle Buddy ha i propri impegni e ritmi di vita. Attualmente, Giorgia e Rekik si incontrano circa una volta al mese, ma riescono a mantenersi in contatto grazie a telefonate e messaggi, con cui condividono aggiornamenti sulla loro quotidianità.

A conclusione, si segnala il riferimento sitografico del progetto Community Matching (https://buddy.unhcr.it/), dal quale è possibile raccogliere ulteriori informazioni e contatti utili. Leggere il sito e il relativo Toolkit rende chiaro un pensiero a volte poco espresso: il programma Community Matching si basa su una solida struttura metodologica con una misurazione dell'impatto che la relazione, grande protagonista dell'iniziativa, riesce ad avere. Gli effetti, infatti, non riguardano solo la singola persona coinvolta, ma l'intera comunità.

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