Aweah, osanibweza kuma bvuto - Don’t bring me back to trouble

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Mille mondi a scuola
Giorgia Morbi

Giorgia Morbi

23 ottobre 2024

Quest’estate ho avuto l’opportunità di trascorrere un mese in Zambia come missionaria in un orfanotrofio femminile, il Mudzi wa Moyo, “il villaggio della vita” presso Chirundu, un piccolo villaggio dove anni fa è stato istituito il Mtendere Mission Hospital, un ospedale sostenuto dalla Diocesi di Milano e dalle Suore della Carità.

Vorrei ammettere la mia difficoltà nella stesura di queste righe, dettata da quell’inconscia incapacità di rivangare un’esperienza purtroppo limitata nel tempo. La vivo come un sogno distaccato dalla mia realtà di oggi e fatico a legarla alla me del presente, ma ora riaprirò il diario del viaggio per provare di nuovo la grandezza che ho vissuto. Aspetto nostalgia…

Quest’estate ho avuto l’opportunità di trascorrere un mese in Zambia come missionaria in un orfanotrofio femminile, il Mudzi wa Moyo, “il villaggio della vita” presso Chirundu, un piccolo villaggio dove anni fa è stato istituito il Mtendere Mission Hospital, un ospedale sostenuto dalla Diocesi di Milano e dalle Suore della Carità.

In effetti è proprio grazie alle Suore della Carità che sono potuta partire, ho preso contatti presso la sede del mio paese e dopo qualche faccenda burocratica e sanitaria sono finalmente partita.
Ho scelto questa destinazione perché viaggiare in Africa è sempre stato il sogno di una vita: fin da piccola sognavo di poter vivere in un ambiente così incontaminato - innamorata come sono degli animali, figuriamoci! - e a questo negli ultimi anni si è aggiunta la forte volontà di intraprendere una missione umanitaria (nelle mie possibilità naturalmente).

E così nel giro di pochi mesi sono partita, munita di una valigia piena di giochi ma anche di curiosità e un po’ di sana preoccupazione. Era la prima volta che partivo da sola!
Non appena sono arrivata a Chirundu tutti i timori si sono dissolti tra gli abbracci di accoglienza e la meraviglia che ho potuto ammirare.

Kumuamba paper, il cielo qui sembra di carta
ora sembra infuocato di mille colori
non riconosco le stelle, e questo le rende preziose

Ho scritto queste parole intorno alle 16, il sole tramonta prestissimo coprendo con colori mai neppure immaginati la strada da percorrere. Non avevo mai percepito il cielo così vicino, come se allungando il braccio potessi toccare le stelle con un dito, e ogni metro percorso dalla macchina fosse un passo verso l’infinito.

Terra sottile e secchissima, alberi dalle braccia lunghissime e tronchi maestosi,
Foglie di ogni forma e fiori nuovi mai visti
Le scimmie sono ovunque

Lo stupore per il paesaggio è stato in pochissimo tempo surclassato da quello umano e culturale: sono stata accolta con un riguardo incredibile e allo stesso tempo semplicissimo. Prima dalle suore con un’abbondante cena tradizionale e in seguito dai medici di Humanitas volontari all’ospedale con l’Università di Milano.
Ma l’accoglienza più forte è stata quella delle bambine e delle ragazze che non appena ho varcato il cancello mi sono corse incontro per abbracciarmi, quasi come fossi una di loro appena tornata da un lungo viaggio.
Senza perder tempo abbiamo cominciato subito a conoscerci giocando e chiacchierando - per quanto fosse possibile all’inizio - la loro lingua nazionale è l’inglese ma spesso parlano lingue locali a seconda della tribù di provenienza, come il Nianja, il Bemba, il Tonga e molte altre. Col passare del tempo abbiamo sviluppato una comunicazione mista tra inglese, nianja, tonga e italiano - volevano assolutamente imparare la mia lingua - e naturalmente molti gesti ed espressioni.

Sto imparando il nianja, le mie espressioni preferite:
Nikukonda - I love you
Mutima - heart
Tietcasobere - let’s go play
Tietkavine - let’s go dance
Nbazu - sun
Korwe - monkey

Una degli aspetti che più mi manca di Chirundu è proprio il clima profondamente multiculturale che si è instaurato al mio arrivo, soprattutto nel rapporto con le suore, provenienti da ogni continente. I pasti erano il mio momento preferito con loro, ogni giorno un piatto di tradizione diversa, dallo nshima zambiano ai chapati indiani, dalla pizza italiana alla grigliata argentina e di nuovo al capenta zambiano.

Appare ipocrita parlare di abbondanza - nel cibo in questo caso - per la condizione di povertà di Chirundu e dei villaggi vicini. Questa provincia tuttavia ha una triplice fortuna: trovarsi vicino al fiume Zambesi, la presenza dell’ospedale e il grande contributo fornito dalla Diocesi e dalle Suore della Carità.
Acqua pulita e cibo in abbondanza sono garantiti a tutte le ragazze dell’orfanotrofio, oltre che un tetto sotto il quale dormire e la compagnia e l’affetto giusti per le bambine della loro età.
Sono circa 80 ragazze tra i 3 e i 18 anni, orfane o provenienti da situazioni familiari al limite e talvolta anche necessitanti di assistenza medica. Alcune di loro sono affette da HIV, epidemia dilagata negli ultimi cinquant’anni in tutto lo stato, portando alla morte precoce una larga parte della popolazione. Fortunatamente presso una struttura a fianco all’orfanotrofio vengono fornite gratuitamente le cure per tutti coloro che si presentano.

Nel villaggio le ragazze seguono una vita piena ed equilibrata, scandita da impegni come scuola, chiesa e lavoro, alternati naturalmente dal gioco e dalla musica che sembra permeare ogni istante. Il lavoro spazia dall’orto alla cucina, e naturalmente alle pulizie delle strutture, piuttosto faticoso per bambine della loro età ma ognuna di loro è molto volenterosa e in grado di assumersi i propri compiti e di organizzarsi con le altre compagne. Mi ha stupito non solo il senso del dovere così forte in loro, ma anche le effettive capacità e maturità che in ogni momento sapevano dimostrare. Questo le porta a prendersi cura naturalmente non solo di loro stesse ma anche delle altre, come fossero effettivamente sorelle.

ho guardato la televisione con le ragazze,
Non ho mai sentito un legame così profondo e semplice allo stesso tempo
Ho gridato iwe! (tu!) alla tv e hanno riso tutte
“ora usi le nostre espressioni”

Non dimenticherò mai la naturalezza della convivenza con loro: sia nei momenti difficili che in quelli spensierati e di gioco, ho ricevuto un amore grandissimo e senza filtri.
Semplice come ogni momento dovrebbe essere.

Qui respiro bene
sono nel posto giusto, al momento giusto


Mi manca la semplicità e la trasparenza delle cose, che qui abbiamo perso nella frenesia di ogni giorno.
Cammino più lentamente da quando sono tornata, ho imparato a soffermarmi, ascoltare e seguire quel che accade.
Sento come se un enorme peso che grava sulle nostre vite quotidiane mi sia stato tolto dopo questo viaggio, dopo quegli abbracci, quelle danze, quelle risate.

Quello che ora porto con me, ogni giorno nella mia vita qui, è una ricerca di armonia, di vedere le cose per come sono, e la serenità della certezza che, anche nelle condizioni più drastiche, l’amore e la comunità ci può salvare.





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