Alle porte del Mitclan. In Messico la morte è cultura viva

Alle porte del Mitclan. In Messico la morte è cultura viva

Molte fedi nella preghiera
Giorgia Morbi

Giorgia Morbi

17 dicembre 2023

Alle porte del Mitclan. In Messico la morte è cultura viva

Di / Giorgia Morbi

Sabato 4 novembre si è svolto il sesto festival del Dia De Los Muertos messicano presso il teatro chiesa di Sant’Andrea. Danze, musica, cibo e tradizione hanno invaso Città Alta grazie alla comunità messicana bergamasca che, anche in diaspora, sogna di poter continuare a celebrare e divulgare la propria storia.

Il Dia De Los Muertos è una celebrazione messicana relativa al culto dei morti, che ricade ogni anno tra il 28 ottobre e il 2 novembre. Ha origini precolombiane, ma il rito giunto fino a noi deriva in realtà da un sincretismo tra il culto della morte indigeno e il giorno dei morti cattolico. La morte, rispetto all’interpretazione cristiana, non rappresenta la fine della vita con il raggiungimento del paradiso o dell’inferno; è bensì la naturale prosecuzione di essa attraverso un trapasso in un “altro mondo”. Vi sono per altro diverse destinazioni che le anime dei cari possono raggiungere, distinte in base al tipo di morte che li ha colti, un esempio è il Mitclan che ospita le anime giunte in seguito ad una morte naturale.

Il festival è stato aperto da una tradizionale danza azteca animata da Ehecatl Quetzal Cuauhtli, il vento dell’aquila preziosa (organizzato dal gruppo culturale Mexicaiotl che come obiettivo la diffusione delle tradizioni messicane).Fin dal primo istante tutti i presenti sono stati travolti dal clima festoso e ancestrale della giornata. Teschi, fiori, farfalle e piume variopinti di ogni colore occupavano completamente il campo visivo di ognuno, nonché ogni centimetro della chiesa. Il danzatore si dimenava in movimenti ampi e armoniosi, guidato dal ritmo suggestivo dei tamburi. Sono indescrivibili le sensazioni e l’atmosfera che questo rituale ha generato tra i presenti, si poteva quasi percepire l’intervento delle anime dei cari pronte a prendere parte ai festeggiamenti.

In seguito è stato presentato quel “portale” che permette il ricongiungimento annuale di questi due mondi, ovvero l’altare, il cui allestimento è stato approfondito dall’antropologa Rocio Cid Ochoa; come è stato da lei illustrato, nulla di ciò che costituisce un altare è casuale: ogni sua parte ha una specifica funzione e significato. Fondamentale è la presenza dei 4 elementi: acqua, fuoco terra e aria, rappresentati rispettivamente da bevande, candele accese, frutti della terra e bandierine di carta ritagliata (spesso di corteccia). Questi rappresentano l’unione tra il mondo materiale e quello immateriale, oltre che strumenti utili per il viaggio che i defunti devono affrontare. Indispensabile è anche la croce di sale che aiuta a purificare le anime e simboleggia i 4 punti cardinali, nonché la croce cristiana.  Il tutto era inoltre corredato da teschi, farfalle e fiori, anch’essi simboli celebrativi.

Più tardi la festa si è spostata al piano inferiore, dove un ricco banchetto e un breve laboratorio per i più piccoli attendevano tutti i partecipanti. Mentre i più grandi gustavano tipiche ricette messicane, i bambini erano impegnati nella fabbricazione dell’Occhio di Dio, un talismano in grado di catalizzare amore, fortuna e salute, realizzato con lana intrecciata su una croce in legno.

Successivamente si è tenuto il concerto della mezzosoprano Lilly Montserrat, accompagnata dal maestro cubano Salvador Puerto González. Cantante e musicista meravigliosi sono stati in grado di farci addentrare attraverso i sensi nella complessità dei sentimenti legati a questo giorno. I due sono successivamente stati accompagnati dagli splendidi passi delle due giovani danzatrici del Mi Mexico Lindo che, attraverso i colori dei loro vestiti mossi a ritmo della musica coinvolgente, hanno dipinto per tutti una bellissima serata.

Il tutto si è concluso con la sfilata delle Catrinas fino in Piazza Vecchia, con protagonista la Catrina, una personificazione della morte come scheletro travestito da dama francese, un gioco derisorio del caricatore Jose Guadalupe Posada. “Quelle che oggi sono incipriate garbanceras” ovvero quelle donne messicane che anziché tramandare le proprie origini ostentano uno stile moderno e francese “finiranno in deformi calaveras” -ovvero scheletri- pur truccandosi da belle dame anche a loro toccherà la fine che spetta a tutti: la morte.

E con l’epilogo di questa serata non si può far altro che ringraziare la comunità messicana che ha scelto di spendersi nel condividere la propria cultura anche qui a Bergamo. Grazie all’ardore di un popolo che vuole affermare le proprie radici, queste diverranno immortali e si faranno strumento di pacifica convivenza tra popoli, come vettori di fratellanza.



Articoli recenti